I nostri manager, specie nelle grandi aziende, sono spesso vittime di un’illusione, a sua volta figlia di una “epistemologia sbagliata”, come direbbe qualcuno. Chiamerei questo paradosso “l’illusione di Plotino“: la convinzione, cioè, che l’organizzazione si propaghi dal centro verso la periferia, in un continuum ontologico, come pura “emanazione” di direttive centrali, così come, in Plotino, l’essere delle cose era una emanazione più o meno forte dell’essere “proprio”, ovvero l’essere divino (Plotino usa la celebre metafora del profumo del fiore, che emana e via via scema man mano che dal fiore ci si allontana..).
Su questa illusione, intesa come paradigma, emergono una serie di tipici “rompicapo” organizzativi. Ecco, allora, che abbiamo i “famosi” problemi di allineamento tra centro e periferia, la cattiva comunicazione che “non arriva” in tutti i rami dell’organizzazione, i ritardi nell’esecuzione perfetta delle procedure.
Questa illusione si basa sulla certezza che l’unica realtà in senso proprio sia quella del “fiore”, ovvero dell’headquarter, delle riunioni nella stanza dei bottoni, delle direttive e degli ordini di servizio. Tutto il resto è una pallida imitazione, che non avrebbe un vero e proprio statuto ontologico: una realtà di “secondo grado” che vive di luce riflessa e va riportata all’ordine.
Questa illusione è stata poco alla volta abbandonata: abbiamo capito (in biologia, in sociologia, e anche in fisica…) che, oltre una certa soglia di complessità, avvengono fenomeni di autoorganizzazione che stravolgono lo schema ontologico centro-preiferia (o, se vogliamo, totalità-parti). Ovunque esistano “forze” sufficienti avvengono cambiamenti, si creano eventi, si modificano delle componenti e si creano vere e proprie organizzazioni autonome. Che non hanno nulla a che vedere con quello che avviene al centro e, soprattutto, non sono misurabile in termini di maggiore o minore distanza dalla “luce”.
Il paradigma della complessità (Il cui ultimo e più illustre divulgatore è stato E. Morin) dà indicazioni anche per capire e gestire ciò che avviene nelle organizzazioni. I nostri manager non possono, come in un panopticon controllare “tutto” e allo stesso tempo non hanno alcun potere sui fenomeni di autoorganizzazione che si sviluppano spontaneamente sotto forma di soluzioni microorganizzative, comunità di pratiche, gerarchie non ufficiali, network sociali.
Queste organizzazioni “di fatto” non sono una distorsione e, soprattutto, non sono una mera “parvenza”: spesso, anzi sono il modo con cui il business (ovvero la cosa ontologicamente più viva per i nostri manager) riesce a prodursi. Imparare a gestire questi fenomeni, con o senza intranet (meglio con…) è la sfida che dovremo affrontare tutti, non solo in azienda. E significa, per tutti, imparare a passare dal controllo al governo.
Se questi argomenti vi interessano provate a navigare nello “strano” Bloom, un sito di consulenti e teorici della complessità. L’aspetto lo penalizza, ma i contenuti sono incredibili. Da studiare attentamente…