Talvolta (spesso) capita che in azienda qualcuno adatti il suo PC a web server, e cominci a pubblicare per i cavoli suoi creando, di fatto una intranet “abusiva”. Questo fenomeno è conosciuto con il nome di undernet e si sviluppa, ovviamente, in ambienti con forte know-how tecnologico (anche se, magari, con non altrettanta cultura della comunicazione). Personalmente ho verso le undernet un atteggiamento ambivalente: da una parte testimoniano della vitalità e della voglia di comunicare, e sono anche un prezioso campanello d’allarme e un segno di insoddisfazione per la intranet ufficiale, dall’altra mi rompono veramente le scatole. Troppa anarchia. Troppo smanettonismo. Veramente troppo. Ma insomma, me ne sono fatta una ragione.
Da me ce ne sono centinaia. Le lascio vivere. Anzi, le aiuto a svilupparsi. Del resto non potrei fare diversamente. Ho adottato il trucco di cominciare a dare “voti” (da una a 5 stellette) a tutte. Funziona.
Le persone valutate male mi chiamano allarmate chiedendomi come fare a guadagnare dei voti in più. E così si allineano, accettano i consigli, lavorano in sinergia con la redazione centrale. E integrano i loro contenuti con i nostri. Siamo proprio dei bambinoni.
Un recente articolo su Computerworld traccia una sintesi del fenomeno, (anche se non molto sviluppato in Italia), riprendendolo dall’articolo di Nadia Nonis