Aldo Gargani, filosofo ed eminente studioso di Wittgenstein, già a suo tempo apprezzato per il “il sapere senza fondamenti” (ormai fuori catalogo) si interroga in questa intervista, su linguaggio e tecnica. Moltissimi gli spunti e le parole chiave per una nuova filosofia della comunicazione (tema sul quale sto finendo di scrivere il mio prossimo libro): la fine del linguaggio come etichetta, le metafore vive, la rivalutazione del concetto di malinteso e il la necessità dell’elaborazione di una sorta di “teoria dell’interlocutore”.
Ottimo l’approccio, anche nutro alcune riserve sulla posizione, tutto sommato equidistante, rispetto alle nuove tecnologie. Oggi possiamo, forse, dire qualche cosa di più.
Uno stralcio:
Si dice che le espressioni trovino il loro significato nelle circostanze dell’uso, ma neanche questo può bastare, perché il contesto non sarà mai una garanzia che due più persone stiano realmente comunicando tra loro; questo perché ogni volta che si parla siamo, sì, inseriti in un contesto comunicativo ma dobbiamo, come parlanti in campo, poter elaborare tutto un processo di interpretazione volto ad eliminare i malintesi, i quali, a loro volta rappresentano un elemento negativo ma, al tempo stesso, sono anche l’elemento indispensabile attraverso il quale gli uomini possono cercare di approssimare una possibilità di comunicazione fra loro.
Questa possibilità di malinteso, per esempio, è interdetta dalla tecnologia informatica, perché la tecnologia informatica presume che due o tre parlanti posti uno di fronte all’altro e situati in un certo contesto, scatti, automaticamente, la comunicazione. Questo non è sempre vero e il computer non può tenere conto di questo. Si trascura il ruolo del malinteso un ruolo che necessita di essere elaborato. Ogni volta che io parlo è come se io dovessi sviluppare una sorta di teoria dell’interlocutore, come stiamo facendo Lei ed io adesso.