Il tema è di quelli complessi, ma in questo caso è declinato su di un problema specifico, il che contribuisce a tenere il dibattito sotto il controllo dell’esperienza. Il problema, affrontato nell’articolo di Francesco Ferretti sul Manifesto dell’11 maggio, è quello dell’elaborazione del significato quando manca la vista, ovvero quello di capire il rapporto tra percezione e linguaggio nell’esperienza dei non vedenti. Gli interrogativi che vengono sollevati sono però di portata generale, ovvero: il linguaggio può esaurire l’esperienza? I concetti, senza un’adeguato “riempimento percettivo” hanno un valore o sono solamente degli pseudo-concetti? E soprattutto, che cosa significa fare un’eseperienza percettiva? Wittgenstein diceva che “i problemi filosofici sono mallattie del linguaggio” e mai come in questo caso parole come “percezione” e “cognizione” si rivelano forvianti se non accompagnate da un’adeguata analisi. Che, alla fine, riserva delle sorprese.