Ok, sono reduce dalla tre giorni di formazione più frustrante e surreale che abbia mai vissuto. In un posto sperduto del cacchio, in una sede che sembra un aeroporto tedesco, in mezzo al nulla di nulla, a palare a persone di cui non fregava niente, di niente, di niente, di niente. Ho odiato la mia vita, e ho odiato questo lavoro. Non una domanda, non una richiesta di approfondimento, non un solo sguardo interessato, qualche sbadiglio, qualche raro saluto. Una pena. Un supplizio prolungato. Un’agonia.
Perché cacchio sono qui? Quanto manca alla campanella? Quando arriva la merenda? E voi chi siete? E perché devo parlare con voi? Per inciso, ho capito che non avrei mai potuto insegnare alle superiori. Dopo tre giorni di sguardi bassi, persone che si controllavano il cellulare, sguardi nel vuoto, atteggiamenti di sufficienza diffusa mi sarei messo a piangere. E vi assicuro che mi sono fatto un mazzo così. Colpa mia? Certo, ma in ogni caso questi non mi rivedono più di sicuro. Gorge Romero me lo guardo in DVD, grazie.
Ad ogni modo prosegue la serie di presentazioni che metto a disposizione dei miei fanz su slideshare. Questa volta parliamo di public speaking. Non è niente di stratorsferico: sono solo i consigli di base un po’ riordinati per i miei allievi estemporanei dell’altro giorno (hanno apprezzato? Non hanno apprezzato? Vallo a sapere…)