Spesso, quando parlo di ambienti di discussione in intranet, emerge il “fantasma del troll”, ovvero la paura, che spesso mi viene manifestata anche da persone “illuminate”, di ritrovarsi a dover gestire colleghi che insultano, vanno fuori tema, cazzeggiano o creano tensione.
Hai voglia a dire che queste cose vanno gestite caso per caso, che nella maggior parte dei casi non succede, che siamo comunque in azienda, che è la comunità stessa dei colleghi che spesso li mette a tacere eccetera.
Le paure permangono, e del resto non potrebbe essere altrimenti: la comunicazione tra esseri umani è sempre, e comunque, una scommessa dagli esiti incerti.
Dico tutto ciò solo perché ho appena letto un articolo di Mafe, maestra di tutti noi nel gestire gli spazi di community, che mi sembra particolarmente interessante. Mafe scrive bene a prescindere, ma in questo caso credo ci sia un motivo in più per leggerla.
Quoto dall’articolo:
“Dietro ogni ambiente di community capace di autoregolamentarsi e di soddisfare le diverse esigenze delle persone che scelgono di frequentarlo, c’è un piccolo miracolo di ingegneria sociale, che può essere spontaneo e quasi inconscio o progettato a tavolino. Quando dietro una community ci sono l’istinto e la passione di un singolo o di un gruppo di amici, l’alchimia necessaria si sviluppa quasi sempre spontaneamente, senza richiedere particolari accorgimenti.”
La tesi è che se creiamo delle aspettative, come gestori della community, di controllo e moderazione rispetto ai troll, le persone si aspetteranno da noi che esercitiamo puntualmente questo ruolo e tendenzialmente abdicheranno dal tentativo (sempre comunque in fieri) di farlo da sole.
Mafe, sentiamo la necessità di un nuovo libro sulle community. Ecco, mò te l’ho detta…