Cari lettori, nell’area “Articoli” di questo blog trovate una sorpresina: una lunga intervista a Giuseppina Pellegrino – sociologa italiana che si occupa del rapporto tra individui, organizzazioni, tecnologie – intervista che mi ha rilasciato ormai più di un anno fa ma che non avevo mai pubblicato per problemi tecnici (e anche di tempo).
L’intevista si intitola “Tecnologie situate“, ed è centrata sul suo libro “Il cantiere e la bussola“, una ricerca sul campo condotta nel 2004 su due intranet – una italiana e una inglese – e sul complesso insieme di dimensioni che questo tipo di progetti solleva: dimensioni culturali, sociali, tacnologiche, organizzative.
Ne emerge un quadro piuttosto ambivalente, nel quale, unitamente alle tecnologie, si mescolano aspettative micro-organizzative, retoriche sociali, gruppi di pressione, routine culturali e nel quale si incrina la riposante visione deterministica che dalle tecnologie dovrebbe portare, senza soluzione di continuità, a cambiamenti di qualche tipo seondo la visione di qualche élite organizzativa.
Putroppo le cose non stanno sempre così e questa ricerca ce ne mostra le conseguenze sul piano delle concrete pratiche organizzative e sociali delle persone che lavorano.
Il libro non è molto agevole (ed entra nel tecnico di riferimenti piuttosto ostici a una prima occhiata) e l’intervista – lunga, lunghissima, lo so – ne rispecchia la complessità.
Tuttavia credo che ci sia oggi un estremo bisogno, nella nostra disciplina, di un allargamento di orizzonti e di uno sguardo capace di gettare qualche ombra sulle nostre ingenue euforie.
La consapevolezza a volte fa male, ma è un ottimo antidoto all’ottusità, sia delle pratiche che delle teorie.
Buona lettura.