4 Ott. 2010

Il micoblogging interno alla prova dei fatti: un caso di studio

Il tema del microblogging interno e della real time communication mi affascina particolarmente per la sua natura borderline: da una parte deve confrontarsi con altri strumenti simili (chat, instant messaging, email usate in modo quasi-sincrono e incontri faccia a faccia), dall’altra deve continuamente smarcarsi dall’accusa di essere una gigantesca macchina per far perdere tempo alle persone e per aumentare il rumore di fondo in azienda.

Per questo sono attratto da qualsiasi caso di studio che racconti i retroscena del processo di adozione, e al momento non sono molti. Quello che ho letto oggi è molto interessante: parla di un’azienda di Dresda, la Communardo Software, che ha cominciato ad usare un sistema di microblogging, chiamato Communote,  nel settembre 2008, data in cui è anche partita la ricerca sull’adozione del sistema da parte degli utenti.

Uno screenshot di communote, il sistema di microblogging di Communardo

Uno screenshot di communote, il sistema di microblogging di Communardo

I risultati sono molto interessanti e di seguito vi riporto una sintesi di quello che è emerso:

– l’adozione di questi sistemi non richiede particolari training o tutorial: le persone in genere imparano da sole ad usarli, anche se ci vuole un po’ di tempo perché il processo di adozione si sviluppi viralmente;

– per evitare troppo rumore di fondo è stato necessario creare una serie distinta di streaming: quando creo un post devo decidere a quale stream inviarlo (ad esempio a quello del mio gruppo di progetto o altri stream definiti a monte);

– l’uso dello strumento tende a smarcarsi rapidamente da quello di altri strumenti, come la mail;

– l’adozione si ripartisce nel classico schema a coda lunga, con pochi utenti molto attivi e moltissimi utenti poco attivi;

– l’utilità principale è data dagli input inaspettati che arrivano dai colleghi rispetto alle attività che vengono raccontate nei post. A riguardo il report riporta un aneddoto:

With a view to the imminent launch of the service for external customers the head of the project assigned a lawyer to the formulation of the terms of service and the privacy policy, but did not consider that the two documents should also be available in English. The error would normally only have been discovered days later when the documents would be needed. The use of microblogging led instead to the following dialogue:

16:41, User A (project manager): “Telephone call with #attorney: […] concerning
#termsofuse, #privacy: draft by friday, coordination on Sunday, fine tuning monday […]”

16:52, User B (team member): “@UserA: Does the # attorney consider an English version
necessary as well?”

There are a number of similar cases concerning the use of microblogging at Communardo.
What most of them have in common is that the crucial input comes from colleagues that
normally – in the case of email or direct communication – would not have been informed or
included.

Se siete interessati ecco il report da scaricare in PDF (via un post di Oscar Berg).