Sei un lavoratore autonomo, e devi solo morire.
Sei un lavoratore autonomo ma non sei avvocato, architetto, notaio o medico. E neanche idraulico, elettricista o falegname. Magari sei web designer, archeologo, traduttore, grafico, pubblicitario, copywriter, pubblicista, videomaker, formatore, sviluppatore php, disegnatore, architetto dell’informazione, consulente aziendale, fotografo. Appartieni a uno stano contenitore che i tuoi genitori, ma anche l’INPS o il TG3, non hanno ancora imparato a riconoscere. Lavori col Computer.
Sei un lavoratore autonomo e lavori da casa. Ma questa condizione non assomiglia all’idea che ti eri fatto quando stavi in ufficio, non corrisponde al quadretto pigiama-computer-frigorifero. Ti svegli alle 7.00 e alle 20.00 alzi la testa e dici “toh”. Ti chiedono il venerdì sera le cose per lunedì mattina sapendo che le avranno. La tua casa assomiglia a un ufficio, mangi davanti al pc. La domenica puoi fare le slide in santa pace.
Sei un lavoratore autonomo perché c’hai la partita Iva. Quando eri privo di partita Iva, nella tua condizione di allegro dipendente o di cupo disoccupato, la Partita Iva ti sembrava un segno distintivo di professionalità, uno stigma del mondo dei seri lavoratori. Dopo un po’ ti accorgi che partita Iva significa solo meno rogne per chi ti dà lavoro e tanti soldi che devi versare ogni trimestre. Anche se non ti hanno pagato. Ogni tanto puoi dire dei no, toglierti qualche soddisfazione, ma la maggior parte delle volte dirai di sì.
Sei un libero professionista, ma non sei un professionista libero. Le tue fatture giacciono da 6 mesi al ministero, e non c’è un cazzo che tu possa fare. Ti sei fatto la pensione integrativa, hai l’assicurazione sulla vita, sei stai fermo 6 mesi non si ricordano di te neanche i tuoi familiari. Non solo la banca, ma anche la Findomestic ti rifiuterà un finanziamento per il PC, per concederlo invece a tuo nonno pensionato a 600 euro al mese. Hai l’ansia.
Sei un lavoratore autonomo e non hai orari, assistenza, albi professionali, casse previdenziali, reti. Sei lasciato a te stesso, sei la quintessenza della condizione liquido-moderna di baumaniana memoria. Fai parte dell’ingranaggio ma non appartieni a una Classe, lavori duro ma non fai parte di un Popolo; nessuno scenderà in piazza per te, e tu non saprai mai con chi scendere in piazza. Fai parte della famosa “Moltitudine”, ma questo non ti tranquillizza, perché con i concetti filosofici non sempre si arriva a fine mese e la moltitudine va bene nei libri di Toni Negri ma non quando devi rivendicare un diritto.
Sei un lavoratore autonomo e devi essere sempre costantemente bravo e aggiornato se no nessuno ti richiamerà. Ma anche così ogni tanto qualcuno ti chiama e ti dice che hanno tagliato il budget, se ne riparla l’anno prossimo. E tu inventi, perché inventare è il tuo mestiere. Ti aggiorni, a tue spese, perché è l’unica cosa che puoi fare.
Sei un lavoratore autonomo ma non sei un parasubordinato, un cococo, un cocopro, un coccodè. Macché, tu fai un lavoro cognitivo in autonomia, cosa che non ti renderà simpatico a nessuno. In realtà non lo sai che cosa sei, fino a che non gli devi dare il 27% di INPS e il 27% di IRPEF e allora ti accorgi che c’è qualcuno che conta davvero tanto su di te.
Sei un lavoratore autonomo e non aspettarti la solidarietà di nessuno: non si dà solidarietà ai fantasmi, agli invisibili. Non sei un disoccupato quindi niente Santoro per te, non sei un precario, quindi niente Epifani-Bonanni-Angeletti per te.
Sei un lavoratore autonomo, e devi solo morire.
Oppure no. Oggi c’è qualcuno che sa bene chi sei e sta provando a cambiare le cose. Si chiama ACTA (Associazione consulenti del terziario avanzato).
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Se ti sei riconosciuto nelle cose che ho scritto sono sicuro che non te ne pentirai.