Vorrei iniziare questo 2013 (anno del quale davvero non riesco a farmi un’idea, neanche vaga) segnalandovi qualcosa di davvero nutriente. Quest’estate, come spesso mi è successo negli anni, ho partecipato al Festival della mente di Sarzana (essendo la mia città natale mi permette un partecipazione particolarmente facile ad ogni edizione), ed ho potuto assistere all’intervento di Ascanio Celestini che ha raccontato, a ruota libera, come è nato il suo rapporto con le storie e con la tradizione orale di cui oggi è, a modo suo, un erede.
Ascanio Celestini non ha certo bisogno di presentazioni ma questo intervento di tre quarti d’ora, fatto un po’ alla buona e senza una scaletta precisa, è stato qualcosa di particolarmente importante per me, perché è riuscito a toccare, con la consueta leggerezza di Celestini, alcuni temi credo fondamentali per noi contemporanei alle prese con la costante necessità di dare un ordine, di mettere in fila i diversi pezzettini slegati di esperienza con cui ci confrontiamo tutti i giorni.
E lo ha fatto parlando di cose marginali ed eterogenee: delle streghe della sua infanzia, di sua nonna, di viaggi in treno, del modo con cui sono nati i suoi spettacoli, delle persone che ha incontrato e ascoltato per costruire le sue storie.
Credo che Celestini non ambisse a dare nessuna indicazione complessiva per noi contemporanei: è troppo modesto anche solo per immaginarlo. Ma resta il fatto che riflettere sulle storie, su come le raccontiamo e le ascoltiamo, su come esse diano – letteralmente – forma alla nostra esperienza, su come la narrazione riverberi, in modo più o meno consapevole nel nostro quotidiano significa, volenti o nolenti, toccare un nodo cruciale che riguarda il modo in cui il mondo ci si presenta ogni giorno. Ovviamente è un tema conosciuto e che gode di ampia letteratura, (certa letteratura è ottima, altra davvero pessima) ma Celestini ha il pregio di farci vedere tutte queste cose in azione.
Infine, il tema dell’ascolto. Verso la fine dell’intervento Celestini racconta come ha intervistato le persone che poi sono diventate protagoniste dei suoi spettacoli. In pochi munti troviamo un concentrato di metodo etnografico, che ci dà anche preziose indicazioni su come tutto noi, che lavoriamo in azienda o per le aziende, dovremmo operare quando ascoltiamo i dipendenti e ci facciamo raccontare le loro esperienze.
Ecco il link all’intervento, dura 45 minuti. Vi assicuro che sono ben spesi.