Cari amici, come sapete, da molti anni mi occupo di progettare intranet e sistemi di comunicazione interna usando strumenti presi dallo User Centered Design: negli anni, come molti di noi, ho approfondito e praticato molte tecniche per portare questi progetti dall’approssimazione volontaristica (e talvolta eroica), in cui spesso si trovano, alle “vette” del rigore del metodo. E del successo.
Negli anni ho usato, con successi a dire il vero alterni, un po’ di tutto, in libertà a seconda del caso e delle opportunità (e del budget): card sorting, tree testing, personas, user stories, interviste, diari, discovery workshop, co-design workshop, test di usabilità, osservazione partecipante. E altro ancora.
C’era solo una cosa che mi rammaricavo di non aver mai usato e, ancora peggio, di non aver mai visto usare nei progetti intranet, ovvero le customer journey map (il link all’articolo di Cristina Lavazza è un atto dovuto), e la spiegazione che mi sono sempre data era questa: gli ambienti intranet sono troppo vasti, troppo “pieni” di risorse, troppo poco “lineari” come servizi per poter ipotizzare un qualche “viaggio” del dipendente, se non a prezzo di grandi forzature.
Beh, mi sbagliavo. E’ di qualche mese fa un articolo che racconta come una società di consulenza abbia usato con successo delle versioni interne (chiamate Employee journey map) per mappare e clusterizzzare i bisogni dei dipendenti di un’azienda manifatturiera.
L’articolo spiega molto bene il processo utilizzato (adattato dal modello di Adaptive path):
Ovviamente andranno fatte diverse mappe per diverse figure o per diversi eventi specifici legati alla intranet.
Una fi-ga-ta. Ditemi, vi prego, che le useremo *tutti* d’ora in avanti 🙂