Creare community di dipendenti dentro un’organizzazione, come tutti sanno, è una fatica nera. Si tratta di trovare il modo di aggregare persone, saperi, problemi condivisi, progetti, bisogni, interessi e cose del genere, all’insegna di un modo nuovo di lavorare assieme. Ma le persone non sono burattini, hanno in genere un sacco di problemi operativi e poco tempo, oltre che abitudini ormai sedimentate.
Sono tutte cose che sappiamo, ma per affrontarle correttamente è importante che cominciamo a distinguere, all’interno di questo campo di attività, tra le diverse applicazioni dello stesso concetto: una comunità dedicata ad un progetto aziendale o ad un evento è diversa da un’aggregazione basata su un bisogno o un insieme di problemi comuni, e si distingue da un gruppo dedicato ad una pratica condivisa. E tutte si differenziano in modo netto dai social network, come ho già scritto.
Nel mio ultimo libro ho distinto, all’interno del campo delle community, tra 4 tipi di aggregati:
Ok, vi rimando al libro (che uscirà tra un paio di settimane) per ulteriori approfondimenti; oggi invece voglio segnalarvi, grazie ad un post di Community roundtable, un interessante white paper dedicato alle community di progetto, a cura di e-moderation.
Lo studio esamina questo tipo di aggregati distinguendoli dalle community di interesse: nel primo caso la community ha uno scopo preciso e un obiettivo più o meno definito, mentre nel secondo caso i fattori aggreganti sono sono legati ad uno scopo ma a un interesse più o meno definito.
Il testo è interessante e vale la pena scaricarlo. Potete scaricare il PDF da qui).
Buona lettura.